Lo leggeranno gli ormai pochi interessati, perché Pamela non fa più notizia. A me, personalmente, interessa capire come sono andate le cose. Ho cercato di riordinare il caos scritto e televisivo dal 31 gennaio, primo giorno in cui questa storiaccia è apparsa sui giornali con il ritrovamento dei due trolley. Mancano molti riscontri effettivi (non dispongo di orari esatti, celle telefoniche, numeri di telefono chiamati, ecc. e verbali di interrogatori anche solo testimoniali) e non mi sono nemmeno addentrata nell’autopsia non avendo nessun documento ufficiale in mano (e forse anche non credendo ciecamente alla sua veridicità, essendo stata doppia).
IL 29 GENNAIO 2018
Pamela è ospite da ottobre della comunità di recupero Pars di Corridonia, paese che dista circa mezz’ora d’auto da Macerata, nelle Marche, lontano dalla costa. Viene da Roma, dove da diverso tempo era diventata ingestibile in casa e in altra comunità. Pamela, nel 2016, dopo una breve storiella amorosa, conosce un ragazzo problematico e piccolo spacciatore e con lui inizia a drogarsi. Secondo la madre non si fa (cioè non si buca), ma sniffa eroina oltre che hascisc. E’ lei stessa a scriverlo su Facebook all’età di 16 anni: forse un giorno smetterò di fumare. Pamela però non si droga solo perchè ha conosciuto un drogato, ma si droga perchè lei stessa ha un disturbo della personalità che la porta a incontrare le persone come lei. Pamela è immatura. Si affida alla madre che la vuole recuperare e lei stessa è contenta dopo poco tempo della comunità Pars dove ha trenta compagni di sventura ma nel giro di due settimane la individuano per un lavoro di responsabilità: occuparsi della lavanderia. E’, questo, un lavoro vero e proprio molto in uso in tutte le comunità e anche negli ex ospedali psichiatrici e serve a responsabilizzare uno o più ospiti in cura che maggiormente si ritengono in grado di compiere l’attività. A dicembre però Pamela comincia ad accusare malessere. E’ lo zio avvocato (lo stesso che ora difende la famiglia e, per inciso, uomo impegnato in Forza Nuova a Roma) a riferire che vomitava. Da ottobre Pamela non poteva più toccare droga e nemmeno telefonare. Come in tutte le comunità però, una volta maggiorenni, non esiste la coercizione, ma solo convincimento e regole, a volte molto rigide per esempio sui contatti con l’esterno. Nonostante questo, Pamela sistema le sue cose nel trolley e lunedì 29 gennaio imbocca il vialetto principale del Centro di recupero, i cui responsabili diranno poi che hanno tentato di fermarla, inutilmente. Non è escluso invece che non se ne siano nemmeno accorti. Quando se ne accorgono avvertono la famiglia (è la regola) per sapere soprattutto se andrà a casa da loro. Che abbbiano avvertito anche i carabinieri ho i miei dubbi (non ci sono reati) mentre è certo che l’abbia fatto la madre al commissariato di Roma o lo stesso giorno o il giorno successivo.
Si sa per certo che Pamela incontra un’auto mentre cammina in mezzo alla campagna, nell’unica stradina che collega i vari paesi. E’ un Opel guidata da un meccanico della zona che, alle 13 e 30, stava rientrando al lavoro dopo essere stato dalla sorella a pranzo. Carica Pamela in auto e la porta, con il consenso di lei, nel garage della casa della sorella, dalla quale è appena uscito. Stende una coperta (così racconterà lui) e ha un rapporto sessuale con Pamela . La quale Pamela ha bsogno di soldi e cerca solo quelli, disposta anche al meccanico 50enne pur di averli. Il rapporto potrebbe però essersi risolto in uno orale e anche piuttosto veloce, tipico delle ragazze che cercano droga, e degli uomini che tirano su ragazze per la strada di cui hanno immediato sentore di prostituzione. Il meccanico sostiene di aver lasciato Pamela alla stazione più vicina, cioè quella di Piediripa- Mogliano, che dista solo 9 minuti di treno da quella principale di Macerata, verso le 18. In effetti, alle 18 e 53 c’è un treno che arriva a Macerata alle 19,02. Pamela intende andare a Roma, unica destinazione a lei conosciuta (non necessariamente a casa, o avrebbe fatto una telefonata alla madre chiedendo un cellulare in prestito, cosa che fanno tanti giovani) e da Macerata partono i treni per Roma. Sa ben poco della zona (prova ne è che non conosce il servizio di autolinee, nè che avrebbe potuto spostarsi su direttrici più servite) e ha pochi soldi, e perciò deve escludere tutti i treni di alta velocità da qualunque stazione partano. L’arrivo a Macerata è quello di una ragazza spaesata che cerca di capire come muoversi dalla città ma nello stesso è quello di una ragazza che non sta bene (è scappata da un progetto e non ne ha altri) e ha bisogno di aiuto che però non chiede alle persone per bene (magari donne o personale della stazione), ma a uomini che la vedono una preda facile. E’ appunto così che incontra fuori dalla stazione un tassista italiano di Macerata che la invita a cenare a casa sua, lavarsi e dormire. La rivelazione, va detto, è di Quarto Grado, che ha scovato questo “buon samaritano” numero due, dopo 15 giorni puntati solo sui nigeriani. Oggi verrà interrogato.
Il 30 GENNAIO 2018
La mattina dopo verso le 8,30-9, il tassista riporta Pamela in stazione e lì la lascia. Lei andrà subito in biglietteria dove chiede (c’è la testimonianza dell’impiegata) quale treno può prendere per Roma. Uno è già partito (alle 7,34) e il secondo è alle 13,08. Costa 17 euro e 30. E’ inquieta, deve attendere ore in stazione, fa su e giù dentro e fuori, si ferma al binario e vede un ragazzo di colore seduto su una panchina a cui chiede se ha del fumo. Lui gli risponde che lui no, ma ce l’ha un suo amico; Innocent Oseghale. Difficile che si siano contattati per telefono: più facile che il ragazzo gli abbia detto il nome “Innocent” e il luogo dove trovarlo: i giardini di piazza Diaz. Non è un mistero per nessun maceratese e dintorni (fino a Civitanova Marche, sulla costa) che i nigeriani spaccino hascisc davanti alla fermata delle autolinee della piazza. Ma Pamela non conosce Macerata e per arrivare lì deve affidarsi a un tassista. Stavolta è un peruviano. I sudamericani sono curiosi. Così di Pamela, dopo aver trattato il prezzo della corsa (che pagherà due euro meno rispetto alla richiesta di 7 euro) si siede davanti e non perché, come lui spiega, si possa fare, ma perché il tassametro è stato spento avendo trattato sul prezzo della corsa. La distanza è di poco più di un chilometro, ma l’auto deve fare un giro ben più largo. Il peruviano le chiede da dove viene e dove va e lei butta lì che deve tornare a Roma ma prima deve incontrare una persona ai giardini. Il tassista la descrive agitata e con lo sguardo attento a capire chi è Innocent e dove sarà, ma è lo stesso tassista a depositarla davanti alle autololinee, come dire nella bocca del leone. Cosa si sono detti i due, se Innocent non lo svelerà (e io credo che mai lo farà) non possiamo saperlo. Possiamo immaginare che Innocent le abbia detto che aveva solo una dose sola di hascisc (era già stato arrestato per spaccio alle scuole e nessun pusher tiene più di due dosi) e possiamo immaginare che Pamela abbia chiesto qualcosa di più forte. Perché stava male. Innocent Oseghale, che come tutti i pusher sono collegati gli uni agli altri, la accompagna ai giardini dello stadio dall’amico Lucky Demond che invece spaccia anche eroina. Lo stadio è in piazza della Vittoria dove c’è il monumento ai caduti che pochi giorni dopo Luca Traini userà per erigersi a giustiziere della patria, avvolto nella bandiera tricolore, e qui verrà arrestato.
Cosa succede a questo punto? Lucky Demond vende la dose di eroina si suppone tra i 20 e 30 euro (l’effettivo costo è 20 ma Pamela non conosce il mercato e potrebbe aver pagato di più) e resta dov’è. Sono circa le 10 e 30 del mattino. Pamela e Oseghale si avviano verso via Spalato, dove lui ha la casa. E’ lui a dirle che può fermarsi a casa sua, dove sua moglie e sua figlia non ci sono per qualche ora (in realtà soo ospiti di una casa famiglia lontano da Macerata) e lei può riposare e attendere il prossimo treno. E’ lui a dirle, in modo affabile e tranquillo, che l’aiuterà. Cosa vuole Pamela? Essere aiutata, drogarsi, dormire e non pensare a niente per qualche ora. Perchè non fidarsi di Oseghale così gentile che è pronto ad ospitarla anche a casa? Non si era già forse fidata del meccanico e del tassista? E nessun drogato può essere razzista: gli spacciatori sono neri. Pamela ormai deve avere pochissimi soldi in tasca e le servono per il treno. A Roma ci vuole andare, anche se ancora non sa dove. Ma Roma, almeno, la conosce e ha contatti.
Oseghale la conduce in via Spalato ed entrambi decidono di comprare qualcosa da mangiare, sono ormai quasi le 11. Segno che Pamela inende fermarsi diverse ore, se non addirittura un’altra notte a Macerata). I due entrano in un piccolo supermercato a 100 metri da casa sua, in una bella via residenziale: è il supermercato dove lui va sempre anche con la sua compagna e la bambina che vivevano con lui fino a pochi mesi fa. Qui comprano pasta e qualche dolce per un totale di 12 euro. Dieci ce li mette Oseghale, due Pamela. Pochi passi più avanti c’è la farmacia, ma Oseghale non vuole entrare con Pamela ad acquistare la siringa. Non gli importa farsi vedere in giro con Pamela, gli importa non farsi beccare con la droga o lo cacceranno via. Pamela compra la siringa (la farmacista confermerà) alle 11,02 minuti, come dice lo scontrino che verrà poi ritrovato a casa di Oseghale. Intanto però il tassista peruviano casualmente entra nella stessa farmacia e rivede la ragazza col trolley che aveva trasportato poco più di un’ora prima. Non si salutano. La vede anche allontanarsi con uno di colore che l’aspettava sul lato opposto del marciapiedi. Lui dirà anche che li vede entrare insieme al 124 ed è interessante notare che, essendo la farmacia più indietro rispetto alla casa e la strada a senso unico in discesa verso il centro, li deve avere osservati molto attentamente, addirittura aver guardato il numero civico che poi racconterà ai carabinieri e diventerà un tetimone importantissimo. Non è stato l’unico ad avere visto Oseghale con Pamela in un orario in cui le persone scendono dall’autobus poco distante o rientrano a casa per pranzo. E i testimoni infatti confermeranno di aver visto questa ragazza con un grande trolley entrare nella casa di Oseghale. Siamo in provincia, gli estranei destano sempre curiosità.
Sono da poco passate le 11 e i carabinieri nelle loro indagini rilevano le prime telefonate fatte da Oseghale, tutte brevissime.
Ma è dalle ore 12 che l’indagine colloca l’agganciamento delle celle dei tre sospettati (Oseghale e altri due nigeriani) nella cella della zona di via Spalato. Attenzione: aggancio delle celle non signfica che erano presenti in casa, ma che hanno chiamato o ricevuto chiamate o whattsapp o sms. Alle 14 e 30 un certo Antony, nigeriano punto di riferimento dei connazionali per le pratiche di soggiorno e altro, chiama (o è chiamato da Oseghale. Lui riferisce: ci siamo sentiti per il permesso di soggiorno scaduto e lui mi ha riferito che aveva una ragazza in casa che dormiva). Tradurre queste parole non è facile anche perché potrebbero essere inventate. Il senso potrebbe essere stato: non posso parlare adesso, c’è una persona estranea e per di più italiana.
Gli investigatori collocano la morte di Pamela tra le 12 e le 19 di quel pomeriggio. Ma un po’ si contraddicono con i cellulari. In sostanza Oseghale avrebbe fatto una serie spaventosa di telefonate a chiunque “cosa incompatibile con l’ouccparsi contemporaneamente di violentare, uccidere e fare a pezzi una ragazza” scrive il gip nell’ordinanza. Non dispongo del significato esatto di cella telefonica in questo caso: se i due sospettati hanno chiamato Oseghale è evidente che non erano in quella casa, ma si può sapere dov’erano, e invece non viene detto. Uno dei due, Lucky 10, vive ben distante da Macerata, mentre Lucky Desmond lo spacciatore di eroina, vive in città. Lucky 10 non ha nessun mezzo pubblico per raggiungere Macerata perciò i due potrebbero aver passato la notte insieme o addirittura uno dei due nella casa di Oseghale che era abituato ad ospitare connazionali. Lucky 10 è il terzo uomo fermato a Milano dove si presume fosse in fuga con la moglie, nigeriana ospitata invece tra i profughi di Cremona, per raggiungere la Svizzera. Lucky 10 era già andato a Cremona, non si sa quando, per prelevare la moglie, dato che i carabineri hanno intercettato il suo cellulare lungo la via Emilia (in treno) mentre stavano raggiungendo la stazione Centrale di Milano. Li hanno presi sui binari.
A Lucky Demond si è arrivati facilmente perché il suo nome è stato fatto da Oseghale: “lui ha venduto l’eroina a Pamela”.
All’altro nigeriano si è arrivati tramite i numeri di cellulare trovati in quelo di Oseghale e soprattutto agli orari delle chiamate, cioè tra le 11 e le 19. Alle 12 tutti e tre i telefoni risultano spenti, ma non è così, visto che il quarto uomo, considerato il tira fuori guai dei profughi, parla ben due volte al telefono con Oseghale tra le 14 e 30 e le 17 e 30. E’ lui a dire che Oseghale l’ha chiamato per dire che la ragazza che aveva in casa è stata male e non sapeva cosa fare. Il racconto collimerebbe con l’affermazione di Oseghale: Lucky Demond ha venduto l’eroina, lei è stata male e io sono scappato. Forse non è scappato, è stato preso letteralmente dal panico. Dunque cosa ci facevano gli altri due a casa sua, così come li piazzano gli investigatori?
LE ACCUSE
Il quadro accusatorio è violenza di gruppo, o almeno tentata violenza di gruppo. E’ una delle più – scusate -banali motivazioni di un delitto. Ma in questo caso sono tante le cose a non combaciare. Oseghale e Demond sono cattolici, chi l’avrebbe detto? Spacciano, ma non hanno dato nessun segno di essere violenti, nè apertamente squilibrati. Oseghale sì, è uno che male si adatta, che non vuole imparare l’italiano, che si accomoda in una casa affittata da una italiana (e che casa!) , che con lei fa una bambina ma naturalmente non se ne occupa affatto. Ed è uno che va letteralmente nel panico e la sua reazione ansiosa è chiamare mezzo mondo e chiedere aiuto. Se aveva due “amici” in casa perchè ha tanto bisogno di chiedere aiuto all’esterno e fare sapere a tutti che aveva un problema grosso?
Le telefonate e le celle telefoniche agganciate dagli altri due sono la chiave di volta per capire se le cose sono andate come dice la Procura: Oseghale chiama i due amici (che forse si trovano insieme quella mattina) per fare un festino a Pamela che lui è riuscito a portare facilmente in casa. Pamela però ha ampiamente dimostrato di essere una ragazza pronta anche al sesso pur di aere soldi o droga in cambio e anche la gentilezza di un luogo che ricorda una casa senza regole. Vuole cucinare la pasta al suo violentatore? Ma no. Entrambi vogliono delle cose l’uno dall’altra, quelle dei disperati. E non è così scontato che sia il sesso a unire i disperati. E’ così certo che gli altri due siano stati presenti mentre Pamela dormiva o era caduta in uno stato “fatto” non solo da eroina ma anche da hascis e chissà che altro? E’ così sicuro che Oseghale non racconti una piccola parte di verità “è’ stata male” e ha chiamato in aiuto i connazionali e addirittura un terzo (solo al telefono)? Manca però la seconda parte di questa tragedia, chiamiamola annunciata, o meglio tragedia tra disperati: la ragazza è morta o è stata uccisa? Se fosse stata uccisa, logica vuole che Oseghale non avrebbe chiamato un aiuto esterno per risolvere il guaio (o portare via il corpo o salvarla) e logica vuole che il cellulare di Lucky Diamond alle 19 non ricevesse la telefonata di Oseghale se questi fosse stato in casa a sezionare il cadavere. E’ stato lo stesso medico legale a sostenere che il lavoro era accurato e faticoso e richiedeva molto tempo. Oppure richiedeva un grande sforzo pur di non essere accusato di un crimine da spaccio: l’overdose.
Non è il pirmo caso, questo, di un solo uomo che compie un sezionamento in dieci pezzi, numero che è servito a essre diviso in due trolley di discrete dimensioni. I particolari emersi dall’autopsia non sono confermati: perciò non mi addentro nella scarnificazione descritta con enfasi, ma solo nel dissanguamento che effettivamente deve essere stato necessario, sul terrazzo, per la stessa ragione: portare via il corpo “pulito”.
Alle 22 Oseghale chiama l’autista conosciuto dagli extracomunitari, il camerunense che dovrà aiutarlo a far sparire Pamela ormai ridotta molto male. Se chiama lui,è segno che non aveva nessun altro, dopo aver tentato inutilmente di coinvolgere il quarto uomo e ben sapendo che nessun nigeriano possiede un auto. Perchè il camerunense? Semplicemente perché è uno che di solito tiene la bocca chiusa. Ma stavolta non lo fa. Perchè c’è una ragazzina depezzata che lui ha persino visto (è tornato indietro a vedere cosa aveva lasciato nei trolley il suo passeggero) ma ha preferito farsi i fatti suoi. Fino al giorno dopo (la notte porta sempre consiglio).
A questo autista improvvisato, Oseghale chiede di essere portato coi due trolley ch carica lui direttamente in auto, a Tolentino. Caso vuole che sia la stessa città dove vive Luca Traini, pronto a fare una strage di tutti loro. Alle 22 e 20 l’auto incrocia una telecamera che ne registra il passaggio: ha appena deviato dalla statale che porta a Tolentino per entrare in una strada provinciale che costeggia il quartiere chiamato Casette Verdi, prima periferia di Pollanza. E’ un luogo a caso, individuato alla vista per essre ancora tra i campi e non ancora in città. Ma talmente a caso che Oseghale dà lo stop brusco all’autista e sceglie di disfarsi dei due trolley quasi davanti a una grande villa, mezzi buttati dentro un fossato a latere strada. Un gesto veloce, che indica la fretta e l’ansia e la fretta e l’ansia non sono mai buone consigliere. E’ infatti così che lo prenderanno subito.
Nessun criminale farebbe una cosa simile, nessun omicida, nessuno che non volesse sicuramente essere preso.
Oseghale e Lucky Demond però hanno fatto altro insieme, e lo dice il negozio dove hanno acquistato verso le 19 di quella sera (ecco la telefonata) un contenitore di candeggina da 10 litri. Un ripiego, perché cercavano altrettanta quantità di acido muriatico e non l’hanno trovata.
La candeggina non serve a niente, ma molta gente (sopratutto chi è ospite di comunità, centri profughi o hotel) è convinta che serva a cancellare le tracce anche di sangue. Sbianca, non cancella un bel niente. Anzi: se cammini su un pavimento lavato con la candeggina lasci persino le impronte ben visibili. E’ questo appunto che hanno trovato i Ris.
Pamela è stata lavata con la candeggina, probabilmente per la stessa ragione: togliere tutto il sangue che non deve essere stato poco, inzuppare stracci e pulire: corpo e pavimento hanno ricevuto lo stesso trattamento. Da chi? Solo Oseghale, lui con Demdon o tutti e tre? Oseghal e Demond sono entrambi cattolici e questo, oltre allo spaccio di cui vivono, li unisce in una sorta di fratellanza. Insieme giocano anche alle scommesse nel locale proprio a due passi dalla casa di via Spalato. Certamente tra loro l’aiuto è sacrosanto. Lucky 3 invece è impaurito così tanto che non scappa da solo, ma va a prendere la moglie, segno di un legame affettivo al quale non ha rinunciato. E di ben pochi calcoli.
Pamela, il cui corpo è stato descritto come smembrato e quasi scuoiato, a me è apparso invece lavato con cura quasi maniacale, depezzato con disgusto (ricordo che Oseghale, al momento dell’arresto, cioè un giorno dopo, è apparso confuso e ciò esclude la freddezza dello psicopatico) e infine depositato con orrore appena è stato possibile.
Una serie di concatenamenti meschini (degli italiani e del sudamericano) e il potente immischiarsi della politica e del gusto del macabro, hanno reso, a mio parere, una vicenda tristissima di gente ai margini, ignorante e immatura, spaventata e senza regole, simile ad altre (tipo il caso Meredith, violenza di gruppo) senza necessariamente esserlo.
Ps: Gli aggiornamenti ufficiali (della Procura di Macerata) potrebbero modiicare il ragionamento e individuare responsabilità diverse da quelle che mi sono sentita di proporre.
febbraio 17, 2018
Categorie: delitto, eroina, femminicidio, Il male, Macerata, Pamela Mastropietro, psicologia, spaccio . . Autore: brunabianchi . Comments: Lascia un commento